Il Libro
L’agenzia nazionale di stampa associata è la piu importante agenzia di stampa italiana e una delle più importanti a livello mondiale… Sarebbe questa la descrizione dell’Ansa fatta dall’Ansa. Ma non è così! L’Ansa è di più, molto di più. Lo sa bene chi l’ha vissuta da dentro per quasi quarant’anni e ce lo trasmette chiaramente in queste pagine. L’autore spiega come l’Ansa, vedendo la luce con la nascita della repubblica, ne ha accompagnato tutta la sua storia. Ne è stata fedele testimone e, in molti casi, partecipe. La caduta del muro di Berlino, i comunicati delle Br, il ritrovamento di Moro, narrati in questo libro, dimostrano come da osservatrice è diventata, suo malgrado, spesso protagonista. Gambalonga ci fa capire come l’agenzia, nei suoi 70 anni di vita, sia stata una casa per i tantissimi giornalisti che ci hanno lavorato. La casa delle notizie: importanti, belle e drammatiche di questo e di altri paesi. La casa dell’indipendenza, dell’imparzialità e della libertà di stampa. Ma soprattutto come, attraverso i milioni di notizie prodotte e riprese da giornali, internet, radio e televisioni del mondo intero, l’Ansa sia diventata un po’ per tutti la casa della verità. Prefazione di Giulio Anselmi.
Dettagli
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Genere: Giornalismo
- Listino:€ 20,00
- Editore:Centro doc. Giornalistica
- Data uscita:29/10/2015
- Pagine:256
- Formato:brossura
- Lingua:Italiano
- EAN:9788866580416
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IL LIBRO
Il primo giorno
Londra, 15 Gennaio (Reuter) “Potentissime formazioni del comando bombardieri della RAF hanno attaccato la notte scorsa la Germania. Obiettivi principali gli impianti per la produzione di carburante sintetico Leuna a Marseburg e importanti depositi di carburante a Dulment. Anche Berlino è stata attaccata.”
E’ questa la prima notizia trasmessa il 15 gennaio del 1945 della neocostituita agenzia di stampa A.N.S.A, Agenzia nazionale di stampa associata, che era nata a Roma per iniziativa dei quotidiani pubblicati nelle regioni liberate dell’Italia e con il pieno consenso delle autorità militari inglesi ed americane. Siamo negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale. I combattimenti infuriano su tutti i fronti: le divisioni dell’Armata Rossa agli ordini del maresciallo Konev avanzano su Cracovia, gli americani sbarcano a Luzon; in casa nostra Palmiro Togliatti e Pietro Nenni si adoperano per il voto alle donne, mentre prosegue l’epurazione dei fascisti e si scoprono i segreti dell’Ovra, la polizia segreta di Benito Mussolini. La prima notizia dell’ANSA, poche righe, informa sui poderosi bombardamenti dell’aviazione alleata in Germania.
Erano le 8:55, l’ultimo anno di guerra e il primo di vita dell’Ansa. La notizia, trasmessa in Morse, era stata seguita in giornata da altre 124. Le trasmissioni del primo giorno si conclusero poco dopo la mezzanotte. Il panorama dell’informazione era il più ampio possibile; dalle operazioni di guerra sui vari fronti, alla politica estera, alla politica interna, all’attività della CGIL e dell’UDI. Non mancavano le quotazioni della borsa di Roma e informazioni sulla vita culturale e artistica di quei durissimi ultimi mesi di guerra.
Era il primo atto di un sogno a lungo accarezzato da quanti erano convinti che una corretta informazione fosse alla base della riconquistata libertà nazionale. L’idea originaria fu del PWB ( Psycological Warfare Branch) . l’organo della propaganda alleata che , in contrasto con l’ammiraglio Ellery Stone, capo del governo militare alleato in Italia (AMG) , favorevole ad una pluralità di agenzie di stampa private, sosteneva invece l’utilità di creare una agenzia cooperativa di proprietà dei giornali e da essi gestita. In questo modo si sarebbe evitato il pericolo che una agenzia privata finisse per essere controllata dal governo. L’idea del PWB si trasformò in una proposta al Presidente del Consiglio, Ivanoe Bonomi il quale la fece sua in una lettera inviata all’ammiraglio Stone. Proprio negli stessi giorni la neonata Associazione italiana degli editori aveva maturato, su suggerimento di Renato Mieli, a lungo direttore dell’Agenzia Notizie Nazioni Unite, un analogo progetto presentato al governo al fine di formare una societa’ cooperativa che doveva sostituire la Stefani. I firmatari del progetto erano Giuseppe Liverani, direttore amministrativo del “Popolo”, Primo Parrini, direttore amministrativo dell’”Avanti” ed Americo Terenzi, consigliere delegato del quotidiano comunista “Unità”
l dibattito pro o contro l’esistenza di una o più agenzie di stampa prosegui per tutto l’ultimo trimestre del 1944, finche’ prevalse il punto di vista del PWB che trovò appoggio – fra gli altri – di Cecil Sprigge, grande amico dell’Italia, ed autorevole corrispondente del “Times” prima e della “Reuter” dopo. Le autorità alleate lo accolsero con favore, ma si presentano subito robusti avversari come gli ex giornalisti e funzionari della “Stefani” e di altre piccole sigle in evoluzione
( “Servizio informazioni” di Renato Carboni, la “Orbis” di Pietro Sessa, ed “Assi” di Titta Ruffo) oppure gli ambienti politici che ritenevano più utile per i loro interessi un’agenzia di stampa privata e temevano che una cooperativa potesse più facilmente essere influenzabile dalle sinistre.
I due schieramenti si diedero battaglia accanita esercitando ogni sorta di pressioni sulle autorità italiane e più ancora su quelle alleate, dalle quali in fin dei conti dipendeva la decisione finale. E l’anticamera dell’ammiraglio Stone, capo dell’AMG, vide una processione ininterrotta di postulanti, singolarmente o in delegazioni, in rappresentanza delle due parti.
Stone , imbarazzato ed indeciso , accettando in parte la tesi degli avversari della cooperativa , prende tempo ed il 13 gennaio del 1945 con un’ordinanza vietò a qualsiasi ente italiano l’uso di materiali e locali sottoposti a requisizione da parte dell’AMG, fra cui i locali ed i mezzi dell’Italcable , dove i fautori dell’Ansa intendevano insediarsi.
A questo punto intervenne, vero “deus ex machina” – ha ricordato più volte Arrigo Accornero, il primo giornalista assunto dalla nuova agenzia – Umberto De Medici, ex ufficiale della Marina, soprannominato “l’ammiraglio”, uno dei personaggi più tipici della prima ANSA, nel giro di 48 ore convince le autorità postali a far evacuare d’urgenza un gruppo di sfollati che occupano alcune stanze nell’edificio di via del Moretto 13, fa trasportare alcuni tavoli, sedie, qualche macchina per scrivere che fanno parte delle attrezzature della NNU e requisite all’Italcable, stabilisce un collegamento volante fra la sala di ricezione della NNU e la progettata sala di redazione dell’Ansa e consente così ai suoi redattori di avere i servizi Reuter, Ap e Tass con il sistema Hell (una rotellina, impregnata di anilina, che scrive con impulsi radio su un sottile nastro di carta). E Renato Mieli , a sostegno della iniziativa, fa trasmettere una notizia in cui si avvisava che era stata costituita una agenzia che rappresentava il primo esempio in Europa di una società di informazioni amministrata e diretta dagli stessi giornali. A differenza della Stefani – rimarcava il bollettino NNU – che non potrà più riprendere l’attività l’Ansa sarà aperta ad tutti i qyotidiani ed indipendente da qualsiasi forma di influenza estranea al giornalismo”.
Il colpo di mano riuscì alla perfezione e fu per questo espediente che la notizie anticiparono anche la nascita ufficiale dell’ agenzia che fu costituita con rogito notarile redatto dal dott. Claudio Pierantoni solo un mese più tardi, il 13 febbraio. All’atto costitutivo parteciparono oltre ai tre storici promotori , altri rappresentanti di qutoriani cona “Il Tempo”, “Italia Nuova”, “Corriere dello Sport”, “La Voce repubblicana”. Ovviamente fra i consiglieri di amministrazione figurava Amerigo Terenzi che per molti decenni e’ stato vicepresidente dell’agenzia in una continuità di impegno e passione che è degna di essere ricordata. L’Ansa che formalmente aveva come direttore generale Edgardo Longoni, già direttore della “Gazzetta dello Sporto” e della “ Sera” , di fatto era guidata da un fisico ed ingegnere prestato al giornalismo: Renato Mieli.. Ex assistente all’università di Padova, antifascista, militante nel partito comunista, uscito dall’Italia nel 1939 a seguito delle leggi razziali, trasferitosi da Parigi al Cairo e aggregatosi poi alle truppe alleate con passaporto falso fornitogli dagli inglesi a nome di Ralph Merryl.
Mieli nel frattempo passato a dirigere il bollettino informazioni degli alleati era entrato in contatto, nella seconda metà del 1944, con alcune personalità appassionate del problema dell’informazione nella nuova Italia, fra cui l’esponente democristiano Guido Gonella, che ebbero il merito di creare quel laboratorio di idee dal quale prese forma l “Arti”, ( agenzia radiotelegrafica italiana) che poi mutò la propria denominazione in A.N.S.A.
“ Fu il clima di entusiasmo che aveva portato alla fondazione dell’agenzia – ricorda il figlio diu Renato Mieli, Paolo direttore della “Stampa” di Torino, del “Corriere della Sera” e presidente della “Rcs Libri” – a contagiare mio padre, che mi ha riferito nel tempo di una esperienza professionale irripetibile : tutti giornalisti giovani , nessuna divisione politica, un lavoro svolto con metodo ed ordine sia pure in un clima di particolare fantasia’’. Insomma secondo i ricordi di Mieli, l’Ansa costituiva un esempio professionale di cui facilmente ci si poteva innamorare.
“ Merito soprattutto- sottolinea Paolo Mieli della capacità di accumulare l’esperienza e l’impostazione del giornalismo inglese che ha sempre permeato i primi redattori dell’agenzia. Una sorta di Dna della professione che è rimasto nel lavoro quotidiano dei giornalisti dell’Ansa anche nei periori più opachi.”. Una sorta di marchio indelebrile che in futuro ha sempre accompagnato la vita della cooperativa.
“ In tanti anni di professione – precisa Mieli – non ricordo mai nessuna caduta di stile dell’Ansa, anzi sia pure con più o meno freschezza ha sempre rappresentato un capitale di autorevolezza che e’ stato una garanzia per tutti gli addetti ai lavori. Insomma il meito di quantoi si sono alternati in settantanni alla guida e nella redazione della più grande agenzia di stampa italiana è stato quello di non tradire mai i principi ed i metodi di chi l’aveva pensata e costruita”.
La prima lettera di assunzione dell’Ansa fu redatta proprio per Arrigo Accornero, uno dei fondatori dell’agenzia, che restò in redazione fino al 1983, anno in cui con la qualifica di condirettore lasciò la stanza che aveva occupato per quasi quarant’anni, organizzando con professionalità e tanto carisma i servizi internazionali.
Assunto con un contratto a termine di 3 mesi evidentemente poi rinnovato, come impiegato della redazione estera con funzione di caposervizio poteva contare all’inizio su una busta paga di 75 mila lire lorde, dalle quali occorreva detrarre l’imposta di ricchezza mobile e le quote di previdenza e cassa di malattia. Successivamente, a margine del contratto fu inserita una clausola che garantiva una compartecipazione agli utili in misura non inferiore all’otto per cento del bilancio.
La sede, ovviamente provvisoria, risentiva della fretta con cui si era dovuto dare inizio all’attività : quattro piccole stanze senza riscaldamento e con le pareti piene di umidità in un vecchio immobile dal colore paglierino, due telefoni, una dozzina di sedie e quattro vecchie macchine da scrivere . Ma per i pionieri dell’epoca quell’ufficio aveva un sapore del tutto particolare, quello della stampa libera nell’Italia libera.
Alla mancanza di mezzi e di materiali supplivano la buona volontà, l’impegno e la fantasia dei dirigenti e dei redattori. Lo staff dirigente era costituito dal direttore generale Edgardo Longoni, consigliere delegato assieme a Giuseppe Liverani; da Arrigo Accornero redattore responsabile dei servizi esteri, dal capo del servizio italiano Alberto Ceretto, dal capo del servizio parlamentare Achille Romanelli e dal coordinatore e segretario di redazione Armando Troisio.
I redattori dell’Agenzia, quando c’era necessità, raggiungevano, in dieci minuti di buon passo la direzione amministrativa dell’Ansa che era ospitata in via San Nicolò da Tolentino in un locale messo a disposizione dalla Federazione Editori Giornali. Un vero e proprio tesoro: squillavano infatti con poche interruzioni due telefoni. Ma le notizie che i giornalisti della neonata agenzia ricevevano erano in prevalenza notizie romane e riguardavano i riti di una nuova quotidianità (la distribuzione di una candela per famiglia, latte per neonati, formaggio giunto dalla Sardegna, le prime fiale di penicillina), oltre alle notizie politiche provenienti dai palazzi della Capitale o dall’estero attraverso l’agenzia Reuter. Erano poche notizie ma sufficienti per comporre a piombo le due pagine di informazione che, a causa della carenza di carta, costituivano i quotidiani.
Il notiziario ciclostilato arriva nelle redazioni dei giornali, una dozzina, tra le 12 e le 13: quindici fogli di carta rozza, biancastra. 101 notizie però, 19 delle quali riguardano argomenti italiani: attività bellica, epurazioni, attività dei partiti e della Cgil, la distribuzione dei viveri. Figurano anche comunicati del comando germanico. Le fonti per l’estero sono la Reuter, la Associated Press e la Tass. Si lavora dalla 7 del mattino per tutto il giorno e per sei giorni della settimana. Le posizioni contrattuali regolari sono rare, i collaboratori di ogni tipo abbondano, ma gli stipendi sono sempre pagati puntualmente, si lavora con entusiasmo in un’atmosfera dove trovano il loro senso parole come “ricostruzione” e “liberazione”. I giornali soci iniziali erano 12 tutti del Centro Sud, primo nucleo dell’attuale cooperativa.
Raccontare la storia di quei primi mesi vuol dire raccogliere testimonianze e leggere i pochi atti ufficiali apparsi: i ricordi non sempre sono nitidi e precisi; gli atti ufficiali spesso sono incompleti, generici, reticenti o trionfalistici. Degli uni e degli altri abbiamo preso per questa storia, o meglio cronistoria, solo i fatti certi. L’organico che inizialmente era di 12 giornalisti e 5 poligrafici, con una copertura del servizio dalle sette di mattina alle venti in pochi anni raddoppiò. Ed in linea con una consuetudine che ha sempre accompagnato negli anni successivi la vita dell’agenzia, sin dal primo giorno furono presenti in redazione alcune donne, un vero primato per l’epoca. Fin dal nascere l’Ansa ebbe forti consensi da parte dI tutta l’editoria giornalistica, perché in questa società cooperativa la gran parte dei quotidiani vide la possibilità di assicurarsi un’informazione corretta, obiettiva, pluralistica, peraltro , con una spesa sostenibile. Ma non mancarono anche gli apprezzamenti politici ( Alcide De gasperi fu sempre tetragono nel rifiutare la riapertura della “Stefani”) e diplomatici. In un messaggio spedito alla Segreteria di Stato a Washington, l’ambasciatore degli Stati uniti a Roma fu categorico : “L’Ansa è gestita da un comitato che comprende rappresentanti di tutte le opinioni politiche”.
Ed il diplomatico statunitense si spinse oltre respingendo pubblicamente i progetti di alcuni ambienti imprenditoriali , che avevano mire in campo giornalistico e vedevano nell’agenzia cooperativa un grosso pericolo per la possibilità di iniziative economiche private. Anche le autorità alleate proseguirono nell’incoraggiamento e l’assistenza promessa all’Ansa ed i vari tentativi di destabilizzazione fallirono man mano che la nuova agenzia si affermava.
Il primo consiglio di amministrazione si tenne il 10 aprile del 1945. In quell’occasione Longoni fu nominato direttore generale; furono ammessi nuovi soci, tra cui la “Gazzetta del Mezzogiorno” e il “Giornale di Sicilia”. Seguirono altre riunioni molto avvicinate nel tempo, dedicate soprattutto alla ratifica di nuove domande di adesione.
Dopo pochi mesi la sede di via della Mercede (via del Moretto) fu abbandonata e l’Ansa ottenne di occupare “quasi un piano” del vecchio edificio dell’agenzia Stefani in via di Propaganda. Ma quanti anni ci vollero per dover occupare il resto dell’edificio!Il trasloco fu favorito e incoraggiato dalle autorità alleate e anche dagli ambienti politici italiani che ormai vedevano nell’operazione una garanzia e una promessa per il futuro della stampa italiana. L’Ansa partiva da una base cooperativa, pluralistica e soprattutto non si presentava come una nuova edizione della Stefani, anche se per molto tempo e da molte parti si e’ equivocato fac facendo di tutto per farla apparire per l’erede “tout court” di quella che era stata una agenzia di regime. In realtà, tutto quello che l’Ansa ereditò dalla Stefani furono alcuni volumi di raccolta di vecchi servizi ed il busto in gesso del fondatore
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La redazione : fra i primissimi giornalisti entrati nel 1945 figurano: fin dal primo giorno Arrigo Accornero, responsabile per gli esteri; Alberto Cerretto, capo del servizio italiano; Armando Troisio, redattore capo. Poi, a mano a mano, gli altri: Achille Romanelli, redattore e poi caposervizio; Lelio Antonioli, Coraldo Piermani, Franco Lucentini, Maria Cupelli, Giovanni Troisio, Antonio Squillace, Ivanoff Aprea, Antonio Carnelli, Fausto Balzanetti, Carlo Zirilli, redattore stenografo; Mauro Lucentini, Mario Contadino, Vittorino Arcangeli, redattore e poi caposervizio; Giuseppe Di Rocco e Salvatore Alì.
Redattori stenografi; Ugo Barbera, Massimo Lucentini, Francesco Tatò, Umberto Gallimberti, Renato Loffredo e Lidia Cancani Montani.
Il capo contabile era Mario Enrico padre di Franco, per un ventennio capo del servizio sportivo e nonno di Marco attualmente in servizio in una sede regionale. Il cassiere era Raffaele De Sio padre di Roberto, quest’ultimo a lungo negli anni successivi, responsabile dei servizi culturali dell’Agenzia. Molti gli impiegati: Mario Isacchi, capo del servizio amministrativo; Carlo Jaccarino, esattore; Gildo De Marni, Clementina Sansolini, Pio Palombini, Lucio Pellicano, Enzo Blasetti, Pio Conti, Sergio Franceschini, Alessandro Cerreti, Anita Bracciani, Enrico Musiù e Lidia Cancani Montani. Folta anche la schiera dei tecnici: Renato Graziani, Ernesto D’Andria, Igino Mantovani. Telescriventisti: Ennio Turini, Alberto Ravagnani, Pietro e Celestino Dalmasso. Dattilografi: Salvatore Filippo, Bice Giampietri, Carolina Clarendon, Irene Pagano, Matilde Cittadini, Anna Maria Di Lauro, Pietro Natali, Dante Flauto e Fiorenza Sollazzo. Uscieri: Umberto Scorcucchi, Alberto Spina. Telefonista: Elena Pezzarelli. Fattorini: Roberto Clarendon e Domenico Ceccobelli.
Il materiale con cui l’Ansa cominciò il lavoro era estremamente eterogeneo; proveniva in gran parte dagli uffici alleati, da molti uffici italiani quali “Cultura Popolare”, Presidenza del Consiglio, e da qualche ministero.
La nuova sede faceva angolo con via Frattina e si affacciava su piazza di Spagna a due passi dal Parlamento e da Palazzo Chigi, sede del ministero degli Esteri. Con un canone mensile di 16 mila lire, l’A.N.S.A. poteva disporre solo del primo piano, il resto era in locazione a privati, tra cui un dentista. Un salone, 10 stanze, pochi tavoli e ancora meno sedie, una vecchia telescrivente e un apparecchio Morse per trasmettere ai giornali non di Roma. La telescrivente – ricordava a tutti Fausto Balzanetti, altro pioniere dell’agenzia – di proprietà del ministero della Marina, era stata data in prestito alla Rai che l’aveva passata all’A.N.S.A. per poter ricevere il notiziario senza aspettare i fogli ciclostilati. La trasmissione avveniva manualmente. Solo alcuni mesi dopo l’agenzia riuscì ad entrare in possesso di un trasmettitore automatico, in prestito naturalmente. Seguirà poi una telescrivente americana che scriveva non su nastro ma rotolo con centralino in modo da diramare il notiziario ai giornali di Roma e alla Presidenza del Consiglio. “A questo punto, e in caso di guasti, – ha piu’ volte ricordato Balzanetti – il tecnico della Marina non poteva più essere chiamato; era necessario provvedere direttamente. Vennero assunti tre giovani, tra i quali Mario De Tommasi (poi diventato capo dell’ufficio tecnico) che si presentavano molto bene ma che di telecomunicazioni e di telescriventi non se ne intendevano molto. Furono inviati a Ivrea (nel frattempo la guerra era finita) all’Olivetti per un corso di apprendistato. Poi lo sviluppo dell’agenzia: il collegamento per telescrivente degli uffici regionali con i giornali di tutta l’Italia; costruzione installazione di centralini fatti costruire dall’Olivetti su progetto dei tre giovani che nel frattempo erano diventati bravi”. Fausto Balzanetti fu uno degli uomini che trasformarono l’agenzia da erede della vecchia Stefani ad una delle colonne del giornalismo italiano. Professionista autentico, per quarantanni ha contributo a garantire, sia da praticante che da vicedirettore, la correttezza e la completezza del notiziario, dando sempre poco spazio ad ingerenze e manipolazioni.
Insieme a Bruno Caselli ha costituito un tandem inossidabile, distinguendosi tuttavia dagli altri capi per la sua bonomia tipicamente romana : sempre di buon umore, anche quando era apparentemente furibondo, per i giovani redattori era l’amico anziano che leggeva tutto e non si faceva sfuggire alcun errore o imprecisione.
Classe 1924, era entrato appena maggiorenne in Ansa ( caposervizio nel 1959, segretario di redazione nel 1961, redattore capo nel 1973) ed e’ stato sempre punto di riferimento dei vari direttori alternatisi alla guida dell’Agenzia fino al 1984 anno in cui si dimise dall’incarico per fa posto idealmente al figlio Andrea, che ha vissuto una lunga stagione alla Dataria , tenendo sempre alto il nome della ditta, fino a raggiungere nel 1999 il ruolo di capo della redazione Cronache, prima di lasciare a sua volta per il ‘’Corriere della Sera’’.